Il 2 giugno del 1946 con un Referendum gli italiani furono chiamati a scegliere fra Repubblica e Monarchia. Furono le prime votazioni nazionali a suffragio universale a cui parteciparono per la prima volta in Italia anche le donne (la maggiore età era fissata a 21 anni).
il Corriere della Sera pubblicava tra gli altri un articolo intitolato “Senza rossetto nella cabina elettorale” con il quale invitava le donne a presentarsi presso il seggio senza rossetto alle labbra.
Il risultato delle urne era troppo importante e non ci si poteva permettere di fare annullare le schede. Infatti, la motivazione è così spiegata:
“Siccome la scheda deve essere incollata e non deve avere alcun segno di riconoscimento, le donne nell’umettare con le labbra il lembo da incollare potrebbero, senza volerlo, lasciarvi un po’ di rossetto e in questo caso rendere nullo il loro voto. Dunque, il rossetto lo si porti con sé, per ravvivare le labbra fuori dal seggioAl seggio meglio andare senza rossetto alle labbra. Siccome la scheda deve essere incollata e non deve avere alcun segno di riconoscimento, le donne nell’umettare con le labbra il lembo da incollare potrebbero, senza volerlo, lasciarvi un po’ di rossetto e in questo caso rendere nullo il loro voto. Dunque, il rossetto lo si porti con sé, per ravvivare le labbra fuori dal seggio”.
Le donne erano spaventate, perché nei tantissimi comizi che precedettero le elezioni, i monarchici spiegavano che votare per la Repubblica sarebbe stato come compiere un salto nel vuoto, ma le cose andarono così. Questo salto fu compiuto. Non appena i saggi aprirono, la gente si catapultò.
Era una domenica, per consentire a tutti i lavoratori di recarsi in massa per la prima volta alle urne, dopo il lungo silenzio del regime fascista e gli anni di una guerra devastante. Le donne a votare ci andarono con la gioia nel cuore, una doppia gioia: l’emozione della prima volta, e quella di poter contare, non solo come moglie o madre, ma come cittadine finalmente in grado di incidere sul futuro del proprio paese. Era un cambiamento di mentalità che avrebbe segnato la storia. Per questo le donne parteciparono in grande numero superando il numero degli uomini aventi diritto. Quanto entusiasmo e quanta paura di sbagliare. Molte donne non erano ancora preparate al voto, ma andarono lo stesso e la mattina del 2 giugno, non appena le urne aprirono i battenti, si catapultarono in lunghe file in ogni città e provincia italiana. L’agitazione era alta, perché si aveva paura di sbagliare. Alcune donne avevano combattuto per la Resistenza, erano già culturalmente pronta, ma non era così per tutte. Molte donne casalinghe non avevano nemmeno i documenti di identità, e furono i mariti a garantire per loro.
Il risultato è atteso: l’Italia è Repubblica, con circa 2 milioni di vantaggio. Era solo l’inizio di un processo di cambiamento che via via segna l’uguale diritto delle donne ad essere protagoniste insieme agli uomini della vita del Paese e che dopo 75 anni rappresenta ancora oggi una questione viva.
“E le italiane – come scrisse Tina Anselmi, ricordando il 2 giugno – fin dalle prime elezioni, parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate”.