Spesso si fa coincidere il primo voto alle donne con quello del 2 giugno, quando si tennero le prime elezioni politiche insieme al Referendum istituzionale monarchia-repubblica.
In realtà il primo voto delle donne in Italia si è tenuto 75 anni fa, esattamente il 10 marzo 1946. Si trattò delle prime elezioni amministrative dopo la caduta del fascismo e per la prima volta le donne con più di 25 anni poterono essere elette all’Assemblea Costituente. Le elezioni si tennero dal 10 marzo al 7 aprile 1946, in 5 turni e in 436 comuni.
Il diritto al voto era stato sancito già dal 30 gennaio 1945: nella riunione del consiglio dei ministri di quel giorno la maggioranza dei partiti (a esclusione di liberali, azionisti e repubblicani) si disse favorevole all’estensione alle donne del diritto al voto, con l’unica esclusione delle prostitute schedate che lavoravano al di fuori delle case dove era loro concesso di esercitare la professione. Il decreto che consentiva il voto alle donne aveva però un vuoto: non faceva menzione della possibilità per le donne di essere elette, questione che fu invece esplicitata e sanata proprio il 10 marzo 1946, contestualmente al primo voto delle elezioni amministrative. In tutta Italia, si calcola che in quella tornata elettorale furono circa 2.000 le donne a entrare negli oltre settemila Consigli comunali italiani.
Era una domenica, per consentire a tutti i lavoratori di recarsi in massa per la prima volta alle urne, dopo il lungo silenzio del regime fascista e gli anni di una guerra devastante. Le donne a votare ci andarono con la gioia nel cuore, una doppia gioia: l’emozione della prima volta, e quella di poter contare, non solo come moglie o madre, ma come cittadine finalmente in grado di incidere sul futuro del proprio paese. Era un cambiamento di mentalità che avrebbe segnato la storia.